Il Parco Regionale della Vena del Gesso

I luoghi da esplorare, la flora e la fauna da incontrare

Che cos’è il Parco della Vena del Gesso? Quali specie animali e vegetali si trovano in quest’area che copre il territorio dalle prime colline verso l’appennino tosco-romagnolo? La guida del Parco Ivano Fabbri ci racconta le peculiarità di questa area naturale unica nel suo genere

Il centro visita Cà Carnè si estende su circa 43 ettari sui Gessi di Rontana e Castelnuovo, nel comune di Brisighella. È aperto tutti i giorni e l’ingresso è gratuito. Il centro offre numerosi servizi per il visitatore. L’edificio sulla sinistra ospita il punto informazioni del Parco della Vena del Gesso Romagnola, la sala conferenze, l’aula didattica “Stanza del Clima” e il museo naturalistico dedicato alla fauna della Vena del Gesso romagnola, che ospita reperti di quasi tutte le più interessanti specie animali del parco, tra cui lupo, istrice, gufo reale, falco pellegrino, passero solitario.
Presso Ca’ Carnè, tipica casa rurale di bonifica collinare degli anni ’20 del secolo scorso, da cui prende nome il centro, si trova il rifugio, con ristorante e bar e con alcune stanze da letto (due camerate comuni e due stanze più piccole per famiglie. Nell’area adiacente è presente La “Capanna Scout”, locale richiedibile in autogestione con posti letti, bagno e cucina. Nel grande prato antistante è presente una zona per l’attendamento (sempre su richiesta).

I pregi naturali del Parco regionale Vena del Gesso romagnola

È un concentrato di biodiversità e la spiegazione sta nella forte varietà di habitat, dalle doline incassate con microclima fresco-umido fino agli ex coltivi aperti e assolati oggi trasformati in prati. Nei primi troviamo bucaneve, campanellino, dente di cane, scilla a due foglie, colombina rossa (quest’ultima non protetta legalmente ma assai rara, come le altre, a soli 300 metri di quota), lingua cervina e soprattutto borsolo, che annovera in Emilia-Romagna non più di una quindicina di stazioni e in gran parte di faggeta. Nei secondi c’è una trentina di specie di orchidee: venticinque furono le risultanti di un censimento del 2013 e a quelle oggi si aggiungono Serapias lingua, Serapias neglecta, Orchis papilionacea e Ophris tusca.
Ma ci sono anche le pareti rocciose con acero minore, pero corvino e, nei punti più ombreggiati, tiglio selvatico e Arabis alpina; ci sono i boschi freschi con sigillo di Salomone, mercorella canina e Iris graminea e quelli più asciutti e radi dove alla roverella si accompagna il terebinto, vero elemento differenziale, in senso mediterraneo, di questi querceti.
Ma per la gioia dei geologi ci sono anche le “erosioni a candela” sui gessi, affioramenti di calcari a Lucina (grosso bivalve di cui si trovano i gusci fossilizzati), un enigmatico, limitatissimo affioramento di arenarie — tra l’altro con due coppelle scavate in epoca preistorica finora imprecisata — e infine la presenza del mitico lapis specularis, gesso secondario color miele e molto trasparente, impiegato dai Romani — ce lo dice Plinio nella sua Naturalis Historia – come surrogato del vetro.
Informazioni e ringraziamenti

In collaborazione con:
Parco Naturale della Vena del Gesso

Persone presenti:
Ivano Fabbri, Guida del Parco